Come funziona il sistema sanzionatorio in ambito tributario? Le sanzioni amministrative e tributarie applicabili per le violazioni in ambito delle imposte dirette ed indirette.
La violazione di obblighi tributari determina, da parte dell’ente impositore, l’irrogazione di sanzioni amministrative tributarie.
E ’possibile distinguere due categorie di sanzioni:
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Le sanzioni penali sono irrogate dall’autorità giudiziaria, mentre le sanzioni amministrative sono irrogate dalla pubblica amministrazione.
Inoltre, in caso di pluralità di trasgressori la sanzione penale colpisce singolarmente ciascun trasgressore. Mentre per le sanzioni amministrative vi è il principio di responsabilità solidale.
L’ordinamento tributario prevede poi che le sanzioni civili che hanno natura restitutoria e mirano a colpire un ritardato pagamento.
Vediamo di seguito, con un’ottica per lo più pratica e schematica le principali sanzioni amministrative in ambito fiscale.
Indice degli Argomenti
- Le sanzioni amministrative tributarie
- La fattispecie di dichiarazione infedele
- La fattispecie di dichiarazione tardiva
- La fattispecie di omessa dichiarazione
- Studi di settore
- Omessa indicazione della Cedolare secca
- Errori di competenza
Le sanzioni amministrative tributarie
Il sistema sanzionatorio amministrativo è disciplinato dai D.Lgs. n 471, 472, 473 del 18 dicembre 1997.
L’art. 1 del DLgs. 472/97 sancisce che: “il presente decreto stabilisce le disposizioni generali sulle sanzioni amministrative in materia tributaria”.
Uno dei principi fondamentali cardini del nostro ordinamento è l‘irretroattività della sanzione, in forza del quale: “nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in forza di una legge entrata in vigore prima della commissione della violazione” (art. 3 co. 1 del DLgs. 472/97).
Inoltre, nel nostro ordinamento vige il principio di legalità, ossia che le uniche condotte passabili di sanzioni sono previste, unicamente la legge o altra fonte del diritto primaria (decreto-legge, decreto legislativo).
La sanzione non può essere irrogata nei confronti di chi “al momento in cui ha commesso il fatto, non aveva, in base ai criteri indicati nel codice penale, la capacità di intendere e di volere” (art. 4 del DLgs. n. 472/97).
La fattispecie di dichiarazione infedele
La correttezza e la veridicità dei dati esposti in dichiarazione sono soggetti a controllo e laddove emergano delle irregolarità, oltre al recupero dell’imposta, l’Agenzia delle Entrate è legittimata ad irrogare le sanzioni da dichiarazione infedele.
La fattispecie di dichiarazione infedele si realizza quando il contribuente omette di indicare nella dichiarazione dei redditi validamente presentata, alcuni componenti positivi di redditi.
Il DLgs. n. 158/2015, ha abbassata la sanzione “base” per la dichiarazione infedele, che diviene dal 90% al 180% della maggiore imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato, in luogo di quella dal 100% al 200% della maggiore imposta o della differenza di credito.
Sussiste, l’aumento del terzo per l‘omessa indicazione dei redditi esteri, con riferimento alle imposte o alle maggiori imposte relative a tali redditi.
L’art. 1 co. 2 del DLgs. n. 471/97 ha previsto la sanzione dal 90% al 180% della maggiore imposta o della differenza del credito utilizzato se nella dichiarazione è indicato, ai fini delle singole imposte:
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Sono suscettibili di integrare la violazione in esame:
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Aumento della metà delle sanzioni
La sanzione è aumentata della metà quando la violazione è realizzata mediante l’utilizzo di documentazione falsa o per operazioni inesistenti, mediante artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente. La sanzione è aumentata dal 135% al 270% dell’imposta.
Riduzione di un terzo delle sanzioni
La sanzione della dichiarazione infedele è ridotta di un terzo quando la maggiore imposta o il minore credito accertati siano inferiori al 3% dell’imposta e del credito dichiarati e comunque inferiori a euro 30.000.
La sanzione dal 90% al 180% dell’imposta diventa dal 60% al 120%.
Questa riduzione è stata introdotta dal DLgs. n. 158/2015, in vigore dall’1.1.2016, allora, in ragione del favor rei, opera anche per le violazioni commesse in data anteriore, salvo l’atto impositivo sia già definitivo.
Per quanto riguarda la Dichiarazione Iva, il D.Lgs. n. 158/2015, interviene al comma 4-quater dell’articolo 5, definendo il concetto di imposta dovuta ai fini della fattispecie di dichiarazione infedele.
E’ da considerarsi tale la differenza tra l’ammontare del tributo liquidato in sede di accertamento e quello liquidabile in base alla dichiarazione, ai sensi dell’articolo 54-bis del DPR n. 633/72.
Somme detenute in “paradisi fiscali” senza l’indicazione nel quadro rw
L’art. 12 del D.L. n. 78/2009 stabilisce che gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenuti negli Stati o territori a fiscalità privilegiata in violazione della normativa in tema di monitoraggio fiscale si presumono costituiti, salvo prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione.
Le sanzioni ex art. 1 del DLgs. n. 471/97 sono raddoppiate, così come quelle connesse all’irregolare/omessa compilazione del modulo RW, che divengono dal 6% al 30% degli importi non dichiarati.
La presunzione non qualifica i “redditi sottratti a tassazione” come “redditi prodotti all’estero”; ne consegue che il raddoppio delle sanzioni non si cumula con l’aumento di 1/3 previsto dall’art. 1 co. 3 del DLgs. 471/97.
Ravvedimento della dichiarazione infedele
La dichiarazione infedele può essere oggetto di ravvedimento operoso, che può essere effettuato senza limiti temporali, con riduzione della sanzione che decresce con l’aumentare del tempo in cui avviene.
Ambito temporale | Riduzione sanzioni |
Dal 91° giorno al termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui è stata commessa la violazione | 1/8 de min(11,25%) |
Entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello in cui è stata commessa la violazione | 1/7 del minimo nimo (12,86%) |
Oltre il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello in cui è stata commessa la violazione | 1/6 del minimo |
Se la sanatoria avviene dopo il “PVC” | 1/5 del minimo |
La fattispecie di dichiarazione tardiva
La dichiarazione tardiva è punita con una pena fissa, da 250 euro a 1.000 euro.
L’art. 13 co. 1 lett. c) del DLgs. n. 472/97 consente la regolarizzazione dell’omessa dichiarazione attraverso il pagamento della sanzione ridotta ad 1/10 del minimo, se la presentazione della stessa avviene con un ritardo inferiore a 90 giorni.
L’Agenzia delle Entrate, nella Circolare 12.10.2016, ha specificato che, se entro i termini di legge la dichiarazione non è stata presentata, ai fini del ravvedimento occorre:
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Ai fini del ravvedimento operoso, la dichiarazione tardiva è equiparata ad una dichiarazione dalla quale non emergono imposte dovute, sanzionata con un minimo di 250 euro.
I 25 euro da pagare in merito alla dichiarazione tardiva, devono essere indicati nel Modello F24, con il codice tributo 8911.
Presentazione della dichiarazione dopo i 90 giorni
L’art. 1, 5 del DLgs. 471/97 e 13 del DLgs. 74/2000, prevede che in caso di presentazione della dichiarazione entro il termine per la presentazione della dichiarazione dell’anno successivo, con integrale pagamento delle imposte ed in assenza dei controlli amministrativi, si può beneficiare sia del dimezzamento delle sanzioni (dal 60% al 120% dell’imposta) sia della non punibilità per il reato di omessa dichiarazione, con un minimo di 200 euro.
In altre parole, sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro 90 giorni dalla scadenza del termine, salva restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo.
Nel caso in cui non siano dovute imposte la sanzione è da 150 euro a 500 euro per la dichiarazione dei redditi e IRAP e da 150 euro a 1.000 euro per la dichiarazione IVA.
Fattispecie | Sanzione |
Dichiarazione dei redditi e IRAP presentata entro i 90 giorni | Da 250 euro a 1.000 euro |
Dichiarazione IVA presentata entro i 90 giorni | Da 250 euro a 2.000 euro |
Dichiarazione dei redditi/IRAP/IVA presentata entro il termine per l’invio di quella successiva | Dal 60% al 120% delle imposte dovute ( con un minimo di 200 euro) |
Dichiarazione dei redditi/IRAP presentata entro il termine per l’invio di quella successiva, qualora non siano dovute imposte | Da 150 euro a 500 euro |
Dichiarazione IVA presentata entro il termine per l’invio di quella successiva, qualora non sono siano imposte | Da 150 euro a 1.000 euro |
Tributi diversi dalle imposte sui redditi e iva
Sebbene la lettera c) dell’art. 13 del DLgs. 472/97 operi per tutte le dichiarazioni, ove la normativa di riferimento non preveda, come accade nelle imposte sui redditi (art. 2 co. 7 del DPR 322/98), che la dichiarazione presentata con un ritardo superiore ai 90 giorni si considera omessa, il ravvedimento può avvenire:
- Entro 90 giorni dal termine di scadenza per la dichiarazione di successione, fruendo della riduzione della sanzione da omessa dichiarazione a 1/10 del minimo;
- Entro 1 anno dall’omissione, fruendo della riduzione della sanzione da omessa dichiarazione a 1/8 del minimo;
- Ed entro i più ampi termini delle lettere b-bis) e b-ter) dell’art. 13 del DLgs. 472/97, limitatamente ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate.
La fattispecie di omessa dichiarazione
Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione viene irrogata la sanzione dal 120% al 240% delle imposte dovute, con un minimo di 250 euro.
Se non sono dovute imposte, la sanzione è da 258 euro a 1.032 euro (art. del DLgs. n. 471/97).
Questa pena può essere aumentata fino al doppio per i soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili.
L’aumentare descritto sarà possibile soltanto se dalla dichiarazione omessa non emergono imposte.
La base di commisurazione della sanzione è costituita “dall’ammontare delle imposte relative agli imponibili accertati, al netto delle ritenute alla fonte operate sui redditi accertati e delle detrazioni spettanti”.
Qualora l’omessa dichiarazione abbia ad oggetto anche redditi prodotti all’estero, le sanzioni sono aumentate di 1/3 con riferimento alle imposte relative a tali redditi.
Studi di settore
Per le violazioni riguardanti al contenuto e alla presentazione degli studi di settore, il nostro sistema l’applicazione di sanzioni amministrative, con tre diverse tipologie:
- Omessa presentazione del modello – l’articolo 8, comma 1, del D.Lgs. n. 471/1997 prevede una sanzione in misura fissa di €. 2.065;
- Omessa presentazione del modello, se dalla rielaborazione del modello emerge un maggior reddito accertabile superiore al 10% rispetto al dichiarato – La sanzione variabile è maggiorata del 50% e quindi va dal 150% al 300% della maggiore imposta dovuta (articolo 1, comma 2-bis 1 del D.Lgs. n. 471/1997);
- Modello presentato con dati non corretti o per cause di esclusione o disapplicazione non corrette e dall’elaborazione dello studio emerge un maggior reddito accertabile del 10% rispetto al dichiarato – La sanzione per infedele dichiarazione è maggiorata del 10% e va dal 110% al 220% (articolo 1, comma 2-bis, del D.Lgs. n. 471/1997).
L’articolo 15 del D.Lgs. n. 158/2015 riscrive l’articolo 1 del D.Lgs. n. 471/1997, cancellando le disposizioni di cui ai punti 2-bis e 2-bis 1 del Decreto. Resta inalterata la sanzione fissa in misura massima, che però scende a 2.000 euro.
Omessa indicazione della cedolare secca
La revisione delle sanzioni amministrative tributarie prevede per la cedolare secca che: nell’ipotesi in cui nella dichiarazione dei redditi non è indicato il canone derivante dalla locazione di abitazioni si applica la sanzione amministrativa dal 240% al 480% dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di 500 euro; se non sono dovute imposte, si applica la sanzione da 500 e 2.000 euro.
Questo è il caso di chi presenta regolarmente la dichiarazione omettendo l’indicazione del canone ovvero di chi omette del tutto la presentazione del modello.
Qualora, invece, nella dichiarazione dei redditi viene indicato un canone inferiore a quello effettivo, si applica la sanzione amministrativa dal 180% al 360% della maggiore imposta.
Errori di competenza
Per gli errori di competenza fiscale sull’errata imputazione a periodo dei componenti positivi e negativi di reddito, il nostro sistema sanzionatorio prevedeva, l’applicazione di sanzioni amministrative che, ai sensi dell’articolo 1, comma 4, del D.Lgs. n. 471/1997, con aliquota variabile dal 90% al 180% della maggiore imposta accertata.
Con l’entrata in vigore del nuovo decreto, la sanzione viene ridotta ad 1/3, ossia dal 30% al 60%. Tuttavia, per poter beneficare della riduzione della sanzione è necessario che siano verificate due condizioni:
- La maggiore imposta o il minor credito accertati siano complessivamente inferiori al 3% dell’imposta e del credito dichiarati e comunque non superino i 30.000 euro. La soglia percentuale viene individuata determinando il rapporto fra quanto dichiarato in termini d’imposta dal contribuente e quanto accertato dall’Amministrazione finanziaria in sede di verifica;
- Per i componenti positivi di reddito è necessario che gli stessi siano stati erroneamente imputati e che abbiano già concorso alla determinazione del reddito nel periodo di imposta oggetto di accertamento o nei precedenti.
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